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La filtrazione a freddo (chill filtering)

Scritto da Claudio Riva il 30/10/2009

Descriviamo la metodologia utilizzata per filtrare in modo cristallino gli spiriti, tecnica oggi criticata dai consumatori.


Il mondo dello Scotch Whisky è fortemente legato agli Stati Uniti. Tutti noi ricordiamo gli attori Americani che, sin dai primi film che ci arrivavano da oltreoceano, avevano sempre il bicchiere di whisky in mano. Questo ha sicuramente condizionato i nostri consumi e quindi il nostro modo di approcciare lo Scotch.

Vi ricordate il bicchiere utilizzato? Normalmente lo Scotch viene servito in un grande bicchiere quadrato, chiamato tumbler, così inutilmente grande per poter contenere cosa? Sicuramente non solo whisky, di cui se ne servono pochi centilitri, ma ovviamente il ghiaccio.

Mi sembra di rivedere Clark Gable che con naturalezza prende in mano un bicchiere, ci versa una generosa dose di Scotch e con una pinzetta prende tre o quattro cubetti di ghiaccio. Whisky on the rocks... Il bicchiere viene ripreso dalla telecamera ed il whisky è lì, bello, limpido, trasparente.

In genere non è così. Un whisky naturale, dopo un repentino raffreddamento - cosa che accade con il ghiaccio - diventa torbido, nebbioso. E questo è tanto più evidente quanto più è alcolico il whisky. Il whisky contiene oli, che si generano durante il processo di distillazione, una combinazione di acidi grassi, proteine ed esteri. E' la presenza di questi oli che, con il freddo, provoca la perdita di limpidezza (immaginatevi una bottiglia di olio messa in una fredda cantina o per qualche ora in frigerifero).

E' chiaro che il whisky debba subire un qualche processo di filtrazione prima di essere imbottigliato. Lo spirito è rimasto per anni in una botte e si è impregnato di piccoli sedimenti ceduti dal legno della botte e dal suo primo strato interno carbonizzato. Oltre che esteticamente brutti, questi sedimenti possono alterare il gusto per cui è necessario rimuoverli.


Svuotamento botti di Duncan Taylor
In genere viene effettuato una prima grossolana filtrazione nel momento in cui la botte viene svuotata, grazie all'utilizzo di un filtro di canapa che è in grado di trattenere le scagliette di carbone che possano essersi staccate durante il movimento della botte. Il whisky passa direttamente alla linea di imbottigliamento se è un Single Cask oppure viene versato in un grande serbatoio nel caso in cui si debbano assemblare più botti o produrre un blended.

In entrambi i casi, prima dell'imbottigliamento viene effettuato la filtrazione più fine, quella che è in grado di rimuovere anche le più piccole particelle in sospensione. Questa filtrazione viene effettuata facendo passare il liquido attraverso più filtri di cellulosa, barriere che sono in grado di trattenere particelle via via sempre più piccole, sino ad arrivare a dimensione di pochi micron. Il whisky è così pronto per l'imbottigliamento.

Teoricamente, seguendo questo procedimento, e attraverso l'uso di filtri sempre più stretti, si potrebbero rimuovere anche gli oli. Ma il filtro a barriera, specie se molto selettivo, provoca un rallentamento nel processo di imbottigliamento sino ad arrivare all'assurdo che la linea di imbottigliamento riesce a processare più bottiglie di quante possano uscire dalla filtrazione.


Linea di imbottigliamento di Bruichladdich
In era moderna è stato introdotta la più efficace filtrazione a freddo, ancora oggi in uso. Il whisky viene fatto passare in un tubo attorno al quale si trova un manicotto che contiene azoto liquido a temperatura molto fredda. Il whisky, anche se scorre velocemente, al semplice contatto del tubo freddo viene repentinamente abbassato ad una temperatura compresa tra -4° e 0°C, il che provoca la trasformazione degli oli in una specie di gelatina che è in grado di trattenere tutte le impurità. Sarà quindi sufficiente far passare il liquido attraverso un grossolano filtro a barriera per ottenere l'effetto desiderato. Questa è la filtrazione a freddo, con questo procedimento si ottiene l'effetto di rimuovere le impurità, di ridurre gli indesiderati oli e di velocizzare il processo di filtrazione.

Tutto bello, finché qualcuno non ha iniziato a chiedersi se la rimozione di questi oli potesse in realtà alterare il profilo organolettico del whisky. Le risposte inizialmente sono state controverse, ma i puristi hanno insistito nel condannare questo procedimento finché si è arrivati ai tempi moderni in cui la mancanza di utilizzo della filtrazione a freddo (in genere evidenziata in etichetta con il termine unchill-filtered o no-chill-filtering) è considerato un plus, un sinonimo di qualità. Come al solito i primi ad aver aderito sono stati gli imbottigliatori indipendenti, più flessibili e di solito imbottigliatori di Single Cask.


Dettaglio etichetta Signatory Unchillfiltered
E' interessante notare come sulla retro-etichetta dei whisky unchill-filtered, per avvertire consumatori non consapevoli, e quasi a volersi scurare, si leggono frasi del tipo "Questo malto è stato imbottigliato alla vecchia maniera 'Unchill-filtered' e come risultato a basse temperature il whisky può diventare torbido. Questa opacità sparirà a temperatura ambiente. Questo non condiziona il gusto o la qualità del Malto".

Personalmente ho provato a degustare alla cieca whisky di pari qualità filtrati a freddo oppure naturali e non sono mai stato in grado di cogliere differenze importanti. Immagino che un prodotto non filtrato a freddo dovrebbe avere una maggiore componenti di oli che, se possono risultare di difficile identificazione all'olfatto ed al gusto, si dovrebbero poter sentire al tatto in bocca. A voi provare. Io semplicemente osservo che non si dovrebbe mai alterare ciò che è stato gentilmente e lentamente modellato dal tempo (parliamo di 10 e più anni) e quindi appoggio i prodotti non filtrati a freddo. A maggior ragione questo dovrebbe valere per i Single Cask.


Signatory Unchillfiltered Collection
Per concludere farei un passo indietro. Per quanto non lo si voglia ammettere, il fatto di trovarci di fronte un bicchiere che contiene un liquido torbido ci fa pensare ad un difetto, ad un cattivo prodotto. Le motivazioni possono avere origine dall'esperienza personale, magari dal ricordo di un pessimo vino bianco fatto in casa da un amico. Ma anche da qualcosa di atavico, qualcosa scritto nei nostri geni, che ci porta ad allontanarci da situazioni di rischio cogliendo qualsiasi campanello di allarme.

Educato il consumatore, dimostrato che anche questa volta stiamo dando troppa importanza al senso della vista, giustizia è fatta. Oggi - oltre che poter scegliere se acquistare un whisky filtrato a freddo oppure no - siamo riusciti, cosa assai importante, a condizionare le metodologie di produzione dell'industria. Nella speranza che ciò possa accadere anche per formaggi, pane, o altri prodotti alimentari per cui la differenza tra il prodotto artigianale e quello industriale è ben più sensibile.


Retro-etichetta del Laphroaig Quarter Cask
Che questo significhi che il consumatore di Single Malt è più attento?

Cosa dire di Laphroaig?

Le espressioni standard di Laphroaig sono normalmente filtrate a freddo. Solo recentemente, seguendo le richieste del mercato, Laphroaig ha rilasciato espressioni non filtrate a freddo. La prima che mi ricordo è sicuramente il Quarter Cask. E non poteva che essere così, visto che questo whisky è stato prodotto secondo le tradizioni di 2 secoli fa, quando ovviamente non si filtrava a freddo. Oggi in distilleria tutti sono molto sensibili a questo aspetto e i recenti imbottigliamenti limitati sono non filtrati a freddo; bene, avanti così!

Ti sfidiamo!

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